Siete incappati in un sinistro stradale e – seppur non responsabili dei danni – il conducente del veicolo danneggiante vi ha ugualmente trascinato in giudizio?
Può capitare malauguratamente di essere coinvolti in un incidente stradale, è fondamentale però conoscere la legge per essere correttamente tutelati.
Il fatto
Nel caso che prendiamo in esame nel blog dello studio legale Raimondi, la nostra cliente – che chiameremo Porzia – in seguito ad un sinistro stradale subìto, denuncia tempestivamente l’accaduto alla sua assicurazione (e ne richiede il risarcimento dei danni).
La compagnia conclude la vicenda con una transazione in regime di indennizzo diretto, riconoscendo la ragione in favore di Porzia, con addebito di colpa esclusiva a carico di Terenzia, nome di fantasia della conducente del veicolo danneggiante.
Terenzia, però, decide tuttavia di convenire in giudizio la propria assicurazione e Porzia, ritenendola responsabile civile e chiedendo anche il risarcimento dei danni subiti dalla propria autovettura.
La posizione di Porzia
Porzia si vede così costretta a costituirsi in giudizio con il proprio avvocato per resistere alle avverse pretese giudiziarie, chiamando in causa a sua volta la propria compagnia assicurativa, anche per rilevare che quest’ultima aveva invece dato piena ragione ai propri legittimi diritti. Da questo momento in poi la compagnia di Porzia comincerà ad inanellare mancanze e omissioni, decidendo infatti di rimanere contumace.
Nonostante la chiamata in causa alla compagnia e l’invito reiterato a quest’ultima (anche stragiudizialmente) a tutelare le proprie ragioni di assicurata danneggiata, Porzia è dunque costretta a sostenere sia le spese del CTU poste a suo carico, sia quelle legali per essere difesa da un avvocato di propria fiducia.
La causa si concludeva comunque favorevolmente per Porzia, che però restava obbligata a dover pagare di tasca propria il legale di sua fiducia, così come le spese di CTU. Tale risultato, pertanto, si poneva indirettamente (e paradossalmente) a vantaggio esclusivo della compagnia assicurativa di Porzia, nonostante il disinteresse mostrato alla gestione della lite e le palesi inadempienze contrattuali.
Di conseguenza Porzia si vedeva costretta a proporre un nuovo giudizio contro la propria compagnia assicurativa per ottenere giustizia.
Ma cosa dice la legge in merito?
Il codice civile
L’art. 1917 del Codice civile, in merito al contratto di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile, così testualmente recita:
«Nell’assicurazione della responsabilità civile l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto. Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi. L’assicuratore ha facoltà, previa comunicazione all’assicurato, di pagare direttamente al terzo danneggiato l’indennità dovuta, ed è obbligato al pagamento diretto se l’assicurato lo richiede».
Il citato articolo inerisce il patto di gestione della lite, il quale pone l’assicuratore nella veste di mandatario, con il compito di gestire ed istruire il danno, usando la dovuta diligenza e valutando ogni iniziativa tesa a non recare alcun pregiudizio all’assicurato.
Pertanto, il contratto di assicurazione – che deve essere eseguito secondo buona fede – impone alla compagnia di non sottovalutare, nella gestione stragiudiziale dei sinistri, la necessità di effettuare una attenta verifica circa la sussistenza di elementi di colpa a carico dell’assicurato.
Anche quando tale valutazione accade, al punto che la compagnia ritiene fondate le ragioni del proprio assicurato, è altrettanto vero, però, che la medesima impresa assicurativa è obbligata a tenere indenne l’assicurato da quanto questi sia tenuto a pagare in favore di terzi, in conseguenza di un danno arrecato e coperto dalla polizza stipulata, anche qualora la dinamica del sinistro fosse controversa e/o venisse messa in discussione dalla controparte.
Infatti, al comma 3 dell’art. 1917 del Codice civile, è sancito che:
«Le spese sostenute per resistere all’azione del danneggiato contro l’assicurato sono a carico dell’assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata».
La “mala gestio”
Qualora, invece, la compagnia assicurativa non adempia ed ottemperi al proprio obbligo, essa si renderà responsabile del cosiddetto fenomeno della “mala gestio”.
La “mala gestio” si verifica allorquando l’assicuratore colpevolmente adotti un comportamento ingiustificatamente dilatorio, sia che risarcisca in ritardo ed oltre i termini di legge il soggetto danneggiato, sia non manlevando il soggetto assicurato, sia quando non vi adempia, violando in tal modo le obbligazioni gravanti a proprio carico e previste nella polizza assicurativa.
Come, poi, oramai chiarito dalla Suprema Corte, bisogna distinguere tra “mala gestio propria” e “mala gestio impropria”.
A tal proposito, è stato ritenuto che:
«In tema di assicurazione della responsabilità civile, infatti, va distinta l’obbligazione diretta dell’assicuratore nei confronti del danneggiato da quella dell’assicuratore stesso nei confronti del danneggiante-assicurato, e va, conseguentemente, distinta l’eventuale ipotesi di c.d. mala gestio impropria, relativa ai rapporti assicuratore-danneggiato, da quella della mala gestio propria riconducibile ai rapporti assicuratore-assicurato. La prima, ipotizzabile nei casi di azione diretta (L. n. 990 del 1969, art. 22), trova titolo in un comportamento dell’assicuratore ingiustificatamente dilatorio, a fronte della richiesta di liquidazione avanzata dal danneggiato; la seconda fattispecie di responsabilità da mala gestio (afferente i rapporti assicuratore-assicurato/danneggiante) è, per converso, configurabile tanto se l’assicuratore, avvalendosi del patto di gestione della lite, la gestisca in modo da arrecare pregiudizio al secondo, tanto quando, senza apprezzabile motivo, egli rifiuti di gestire la lite e se ne disinteressi, cagionando pregiudizio per l’ingiustificato ritardo con cui l’obbligazione di risarcimento verso il danneggiato è stata estinta (vedi Cass. nn. 22883/07, 17460/06, 2276/05)».
(Cassazione civile, sez. lav., 9 settembre 2008, n. 23113)
Quali conseguenze per l’assicurato?
Nelle casistiche sopra esposte, è interessante quanto più volte sostenuto dalla Cassazione:
«Nell’assicurazione per la responsabilità civile, la costituzione e difesa dell’assicurato, giustificata dall’instaurazione del giudizio da parte di chi assume di aver subito un danno, è svolta anche nell’interesse dell’assicuratore, ritualmente chiamato in causa, in quanto finalizzata all’obbiettivo ed imparziale accertamento dell’esistenza dell’obbligo di indennizzo. Pertanto, anche nel caso in cui nessun danno venga riconosciuto al terzo che ha promosso l’azione, l’assicuratore è tenuto a sopportare le spese di lite dell’assicurato, nei limiti stabiliti dal terzo comma dell’art. 1917 cod. civ. (Cass. n. 5300/08; n. 2227/77)».
(cfr. ex multis Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza 16 luglio – 11 settembre 2014, n. 19176)
Inoltre, è stato precisato che il diritto dell’assicurato al rimborso, da parte dell’assicuratore, delle spese sostenute per resistere all’azione promossa dal terzo danneggiato, ai sensi dell’articolo 1917, terzo comma, Cod. civ. è ammissibile soprattutto se la sua attività processuale abbia una qualche utilità per entrambe le parti. (Cassazione sentenza n.5479/2015).
Infine, è stato evidenziato che il debito dell’assicurato verso il legale che l’ha assistito è liquido ed esigibile già a partire dal momento di esecuzione dell’incarico professionale, e da tale momento l’assicurato può far valere il suo diritto al rimborso delle spese di resistenza (Cassazione III Sezione sentenza n.3899 del 29.02.2016).
Conclusione a tutela dell’assicurato
Nel caso seguito dallo studio legale Raimondi, la nostra assistita Porzia ha visto pienamente accogliere la sua istanza dal Giudice di merito adito, sulla base dei principi espressi dalla Corte di Cassazione, ritenendo fondato il diritto dell’assicurata ad essere indennizzata di ogni spesa connessa alla gestione della lite (della quale la compagnia si era invece totalmente disinteressata), in virtù degli obblighi di legge su quest’ultima gravanti e della polizza stipulata, per la quale l’assicurazione aveva comunque tratto indirettamente vantaggi, grazie all’operato del professionista di fiducia nominato da Porzia.
In tal modo, la compagnia assicurativa è stata condannata a rimborsare a Porzia non solo la parcella del professionista di sua fiducia a suo tempo incaricato, ma anche a pagare tutte le spese per la seconda vertenza proposta dall’assicurata e finalizzata ad ottenere giustizia.
Anche voi vi siete trovati in una situazione simile? Tutelate sempre i vostri diritti in materia di contatti assicurativi!